Conseguenze del cambiamento,l’informazione ai tempi dei social
Conseguenze del cambiamento

Non si può non sottolineare l'incredibile differenza che fa, sotto innumerevoli punti di vista, informarsi principalmente tramite tv e giornali (popolazione sopra i 40 anni) o informarsi principalmente tramite social e aggregatori (popolazione sotto i 30 anni).
La bubble filter è il primo problema messo in rilievo dalla stessa Reuters, qualcosa che rallenta la maturazione delle opinioni perché le isola in ambiti privati che tendono a non contaminarsi l'uno con l'altro: siamo più connessi di un tempo, ma è come se non lo fossimo. E paradossalmente la chiacchiera da bar viene ad essere più formativa che non una chat su Facebook, a patto che il bar sia in grado di attrarre persone pronte a mettere sul tavolo un'opinione ben formata.
C'è poi il tema della dittatura degli algoritmi. Laddove la scelta delle notizie era un tempo lasciata all'utente che sfogliava i siti Web o agli editori che sfornavano telegiornali e quotidiani, oggi il canovaccio è scelto da calcoli computazionali (spesso personalizzati) che scelgono le notizie non tanto in base alla loro importanza, quanto alla loro gradevolezza (declinata in capacità di coinvolgimento e interazione). Non conta erogare notizie di livello, firmando con il brand tale scelta e il tono con cui le stesse vengono formate e offerte: la scelta è in mano all'algoritmo, il quale si nutre del lavoro altrui per sfoderare un palinsesto nuovo, ispirato più all'adrenalina che alla qualità dell'offerta.
E se l'offerta è ispirata alla necessità di coinvolgere e promuovere l'interazione, il tutto all'interno di un ecosistema di accesso alle informazioni fatto più di passaparola che non di fonti ufficiali (lo stesso algoritmo di Facebook tende ora a favorire più le condivisioni personali che non i brand), allora ecco servito il sistema attuale: bufale e notizie non verificate vanno a sostituirsi a quella che è (o dovrebbe essere) la cura editoriale di quanti producono l'informazione sul campo per metterla in circolo. L'utilità di social e aggregatori è innegabile, ma al tempo stesso appare lapalissiano il fatto che i maggiori attori dell'ecosistema informativo siano di fatto deresponsabilizzati rispetto alla salubrità dell'ecosistema stesso. Questo non può dare buoni risultati. Né può durare. Né dovrebbe.
Interessante sembra essere anche la tipologia di device utilizzata per l'accesso online alle notizie: i più giovani preferiscono infatti di gran lunga lo smartphone, mentre al di sopra dei 45 anni le opzioni sono fortemente sbilanciate verso pc e tablet. Questo implica una forte differenza nelle modalità di accesso e lettura, generando due sistemi che si autoalimentano: più basato sull'approfondimento il primo, più orientato sulla bulimia informativa, spesso con minor possibilità e capacità di approfondimento, la seconda. Non solo: l'uso dello smartphone promuove maggiormente l'accesso alle notizie tramite social e aggregatori, spostando il peso degli algoritmi soprattutto sulle fasce più giovani: la scelta del device diventa fondamentale quindi nella formulazione della dieta informativa, aspetto che i genitori dovrebbero probabilmente avere ben chiaro in mente prima di giudicare la formazione culturale dei propri figli.